LA GRANDE TRIBU’

 lunedì 12 Ottobre 2015

A quaranta anni dalla morte, il ricordo nostalgico e romantico di un Pasolini napoletano

Sabato 17 ottobre ore 21
Domenica 18 ottobre ore 18 e ore 21

LABORATORIO UNO (di Marco Coda)

Vico santa Maria a Lanzati 24, Napoli (Via Foria, di fronte al giudice di pace)

prenotazione obbligatoria al 3396666426

Nuovo teatro sanità, presenta

LA GRANDE TRIBU’

Scritto da Claudio Finelli

Con Riccardo Ciccarelli e Michele Danubio

Regia Mario gelardi.

Brilla sempre il sogno di una cosa negli occhi della giovinezza.

E la giovinezza non ha tempo, non ha luogo, non ha un unico sguardo.
Il sogno di una cosa è il tesoro custodito – in giovinezza – nella coscienza di tutti quanti noi, a noi stessi segreto.
Poi, ad un tratto, un incontro.
L’incontro che ti cambia lo sguardo. Che trasforma la vita.
Forse la svela. E svela il sogno che è promessa e senso.
E sullo sfondo Napoli – perché no? – ventre irriducibile di una grande città’ di mare e “la vecchia tribù dei napoletani” che “nei suoi vichi, nelle sue piazzette nere o rosa, continua come se nulla fosse successo a fare i suoi gesti, a lanciare le sue esclamazioni, a dare nelle sue escandescenze”.

L’incontro tra un intellettuale quarantenne ed un ragazzino napoletano che fa marchette, quello che sembra un rapido incontro di sesso, diventa l’incontro tra due mondi, tra due culture, tra due spiriti Ci resta un’unica possibilità: raccontarci restando comunque estranei”.

Il testo è ispirato ad alcuni scritti di Pier Paolo Pasolini, in particolare a “Gennariello” e vuole riflettere sull’eredità poetica e culturale che l’artista ci ha lasciato.

 

“Qui il teatro diventa evento all’ennesima potenza, perché uno spettacolo che si costruisce a una distanza così ravvicinata dal pubblico, vive e si nutre di quei respiri singoli ancor di più di quanto non accada normalmente in teatro. Quei respiri creano la bolla trasparente e vitrea entro la quale è possibile osservare quello che accade: lo spettacolo di una coppia che si incontra, l’avvicinarsi di due mondi complicati. Lo sguardo del pubblico è trasparente eppure sopravvive uno schermo che lo allontana dagli attori. I respiri sono lo schermo entro il quale l’arte della scena resiste. La finzione si fa quasi realtà, c’è qualcosa di quella finzione che resiste, tutto il resto è messo fuori gioco, ed è il potere di rappresentazione che sopravvive, ossia la verità del teatro… “